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La storia

4-8-1973

In premessa

Nel corpus narrativo delle imprese giallorosse, la storia di Punta Sant’Anna 1973 è stata raccontata e citata tante volte da essere divenuta emblematica e quasi sacrale; per paradosso, questa sua condizione, invece di moltiplicarne le implicazioni, induce a pensare che di essa esista una sola versione, eguale a sé stessa, individuabile in un punto preciso tra ascisse ed ordinate in base a criteri matematici. Senza angolazioni, che farebbero risaltare aspetti alternativi, senza particolari che, rivelati, dischiuderebbero territori inesplorati, senza la valutazione discrezionale dei punti di vista. Invece, anche questi punti di vista rivestono un ruolo fondamentale nella comprensione complessiva e nella qualificazione degli accadimenti: difatti, neppure nello sport, con la sua inappuntabile meritocrazia che sembra oggettivare gli eventi secondo un ordine preciso, il fatto resta un dato asettico, inalterabile, ma trova una spiegazione nella vigilia, riceve luce dalle diverse componenti intrecciatesi fino a secondare il risultato finale. Così, nel passaggio dalla tradizione orale alla stesura per iscritto, la mappa si scopre frastagliata, vi convergono elementi diversi e più ne fissiamo più si intuisce che ne esistano altri necessari a completare il quadro. Che, invero, si compone di prospettive nate dal differente stato d’animo dei partecipanti, ognuno dei quali ha estratto una folgorazione, ha intercettato una magia divenuta la personale visione della giornata che ha mutato definitivamente la sua esistenza, lo sport napoletano, la pallanuoto italiana.
Dunque, la vulgata trasmessa nello spogliatoio della Canottieri, sul lato dove campeggiano gli armadietti di chi allora vestiva sulla calotta i primi numeri della formazione giallorossa, può costituire la sintesi tra le sensazioni dei protagonisti e quanto di esse venne percepito, tra l’interpretazione e la realtà, tra il certo e il vero.

MIRACOLO A PUNTA SANT’ANNA
La partita che cambiò la storia della pallanuoto italiana

Possa l’uomo serbare memoria della felicità una volta provata, sì che la grazia generi sempre grazia (Sofocle, Aiace, 520-2)

Recco, riviera ligure di levante, 4 agosto 1973

Finanche Silvano Forte, che avresti scambiato per uno dei trecento scelti da Leonida a presidio delle Termopili, anche lui fu preso da un attimo di scoramento, tanto da non voler guardare e girare la testa verso l’acqua che si agitava. A Recco la Canottieri aveva condotto tutta la gara, conservava ancora un gol di vantaggio ma adesso, in seguito ad una carambola maledetta, inspiegabile colpo del destino, il pallone era giunto tra le braccia di un attaccante ligure che si involava, smarcato, verso la porta: avesse segnato, sul finire ormai del 4° tempo della partita-spareggio che valeva lo scudetto, avrebbe siglato il pari, sufficiente a salvaguardare l’ennesimo scudetto per Pizzo e soci e cancellare il sogno giallorosso. No, nemmeno Silvano Forte aveva voglia di veder andare in frantumi la vittoria, unico risultato che avrebbe riportato lo scudetto al Molosiglio, e con essa gli sforzi di un intero anno, anzi di vari anni, dieci per l’esattezza, quanto durava l’attesa di un nuovo acuto; si correva il rischio di ritrovarsi eterni secondi col sospetto che il Recco fosse davvero imbattibile come dicevano loro e non avrebbe potuto perdere mai.
L’attaccante ligure era solo davanti alla porta … quattro metri, tre …

Quando sabato 4 agosto 1973, alla penultima di campionato, il Recco riceve la Canottieri Napoli, seconda in classifica, nella roccaforte di Punta Sant’Anna, è ben cosciente di aver fondato una delle più ammirate dinastie degli sport di squadra: si era fregiato di nove scudetti di seguito, la più lunga striscia vincente nello sport italiano, paragonabile, all’epoca, solamente a quella dei Boston Celtics, capaci, nella N.B.A., di appropriarsi di 10 “anelli” in 11 stagioni dal ’59 in avanti. Avendo inoltre un punto di vantaggio, sarebbe bastato il pareggio a garantire il decimo scudetto consecutivo: quasi una formalità visto che i liguri non perdevano in casa da dieci anni e, in campionato, da nove stagioni e 153 gare(1). La sicurezza nei propri mezzi era trapelata già nelle dichiarazioni dei week-end precedenti; in occasione della gara utile numero 150 il capitano-allenatore Eraldo Pizzo aveva scherzato: “Per il prossimo anno, magari, vista la nostra superiorità, proporremo alla Federazione di lasciarci disputare il campionato … fuori concorso”. E la Canottieri, insolente inseguitrice ? “Il duello a distanza continua. In pratica c’è un solo punto di distacco anche se ne possiamo considerare almeno due o diciamo anche tre, visto che alla penultima giornata riceveremo i giallorossi a Punta Sant’Anna” (2). Un impianto, agibile dal ’64, nel quale i liguri avevano vinto e basta, neanche una patta. Alla vigilia lo stesso Pizzo aveva viepiù rincarato la dose: “La Pro Recco non ha assolutamente paura della squadra napoletana: è dimostrato che quando vogliamo vincere vinciamo” (3).
Il C.C.N. era ormai diventato l’avversario storico dei liguri, sia per aver interrotto nel ’63 la loro precedente catena di quattro scudetti, sia per essere giunto l’anno passato al posto d’onore, seppur a debita distanza. Nell’immaginario dei tifosi, nelle presentazioni dei quotidiani, si raffigurava la lotta tra due diverse e pressoché opposte concezioni della disciplina agonistica: la potenza, la rigorosa organizzazione del Recco, ossequioso al canone classico della tradizione, contro la creatività dei partenopei, innovatori che, di contro, mostravano due peculiarità: nuotavano tutti benissimo e disponevano di un’arma non convenzionale, la zona, che il loro coach Fritz Dennerlein aveva elaborato per valorizzarne le qualità e sottrarre le loro taglie medie al costante scontro fisico; indispensabile propedeutica della difesa collettiva era costituita dalla maniacale applicazione, in allenamento, dei suoi principi cardine, dall’analisi delle altrui competenze. All’ottava del girone di andata era finita 6-6 con rimpianti su entrambi i fronti che mantenevano accese tutte le soluzioni. Nelle ultime settimane, però, la Canottieri non aveva brillato: il 7 luglio aveva risolto a fatica l’insidioso derby con la Rari (7-5: a segno i fratelli De Crescenzo due volte, Forte, D’Urso e D’Angelo), ed aveva mantenuto la distanza minima dal battistrada passando a Voltri con un risicato 4-3 sul derelitto ma orgoglioso Mameli (gol di M. De Crescenzo, D’Urso, doppietta di D’Angelo). Eppure, all’avvicinarsi della disfida, Fritz pare saperla lunga: “Il pronostico è tutto dalla parte della Pro Recco. Andremo a giocare col preciso scopo di capovolgerlo. Mi rendo conto della difficoltà dell’impresa ma la Canottieri sta attraversando un periodo di ottima vena” 3.

Un’ora prima della partita, programmata per le 21,00, le gradinate della piscina sono già stracolme. Accorrono all’evento assi di diversi sport, autorità, vertici federali: il Presidente della FIN Parodi con i Vice De Gaudio ed Annibale Ghibellini, i Tecnici Majoni e Lonzi, il Presidente dell’Ussi Crespi e tanti altri. Centinaia di persone restano fuori, tra cui decine di tifosi napoletani forniti di regolare biglietto nonché campioni d’Italia tipo il mistista Marugo o il dorsista Cavari, arrivato da Torino. Si respira l’atmosfera delle grandi occasioni, dei passaggi storici: è pronta una gran festa con i fuochi d’artificio già allestiti sulla riva in attesa dell’ennesima galoppata vittoriosa dei recchesi, magari con qualche grattacapo che i napoletani sono in grado di produrre tanto per rendere lo spettacolo più avvincente (4).
Vengono annunziate le formazioni in acqua. Pro Recco con Alberani, Pizzo, Marchisio, Ghibellini, Galbusera, Lavoratori, Zecchin. Canottieri con Lignano, Forte, Parisio, Paolo De Crescenzo, Massimo De Crescenzo, D’Urso, Notarangelo.
Terminato il riscaldamento, quando l’arbitro richiama gli atleti, ripetendo un consolidato rituale, i giocatori biancocelesti si dispongono a bordo vasca e lanciano, come un tuono, il loro grido di battaglia: “Veité, veité ueigà !” (vinca la verità). L’urlo risuona alto, il pubblico ne ricava il consueto buon auspicio, lo stadio inizia a fremere per la battaglia incipiente e l’acqua stessa pare favorevole. Devono attendere un poco a schierarsi le calottine chiare, perché, dall’altra parte, Fritz, al cui carisma basta un semplice gesto, riunisce con un cenno attorno a sé i suoi ragazzi, tutti napoletani; li conosce perfettamente fin da bambini: li ha cresciuti dal vivaio, ha insegnato loro ogni tecnica, ogni sano principio, attendendo un giorno, forse quello; li guarda negli occhi, uno per uno, non ha bisogno di aggiungere nulla: “Grazie ragazzi. In bocca al lupo e divertitevi”.
La partita può iniziare.

Ghibellini vince la prima palla al centro e la Canottieri, senza esitazione, si schiera subito a zona (5) per frenare l’iniziale impatto degli avversari, che, invero, marciano a rilento. La mente veloce di Parisio semina lo sconcerto tra i difensori per l’inatteso vantaggio esterno: “un’autentica prodezza” (6). Punto sul vivo, il Recco si risveglia scagliando muscoli e classe contro il muro giallorosso che vacilla: pareggia di forza Lavoratori, imperioso, con una delle sue prodezze, poi Ghibellini sfrutta scientificamente la superiorità numerica per portare i suoi in vantaggio; il tempo si chiude con due parate di Alberani su D’Angelo, la seconda strepitosa. Tutto sembra filare liscio per i liguri: si soffre contro la dannata zona ma, alla fine, l’esperienza pare stia venendo fuori.
Si riparte ed ancora Ghibellini arpiona la palla a due; serve un’altra invenzione di Parisio, in superiorità, per impattare; l’equilibrio dura poco perché sale in cattedra Ghibellini per il 3-2: doveva essere il viatico della vittoria, sarà l’ultimo vantaggio interno. Gli ospiti crescono, è una “Canottieri scatenata, efficientissima in difesa ed estremamente opportunista in attacco” (6). D’Angelo, sottomisura, avvitandosi, precede Pizzo su un tiro di Forte respinto e corregge in rete; lo stesso Forte, poco dopo, sgancia col mancino un siluro imprendibile e siamo 4-3 per i giallorossi. La gente è incredula: sta accedendo qualcosa ? Intanto, santi numi, all’intervallo salta pure il tabellone luminoso.
Fritz muove le pedine dalla panchina: la frazione si era chiusa con la doppia espulsione Forte-Pizzo, e, per sfruttare l’assenza del talismano avversario, manda in acqua il velocissimo Pirone, diciottenne, per la palla al centro. La mossa risulterà fondamentale: il napoletano prevale facilmente nella contesa e, sull’azione susseguente, va in gol Enzo D’Angelo, irrefrenabile, portando il punteggio sul 5-3. Sembra incredibile, ma non è finita: Silvano Forte rientra e, in controfuga, scarica tutta la sua rabbia nella porta rivale per il 6-3. Il gigante è ferito ma non può mollare, esplode contro il cielo un sussulto di orgoglio: espulso Forte, D’Angelo riesce a stoppare una prima conclusione in inferiorità; seguono altre due superiorità per i padroni di casa (espulsioni di Notarangelo e Parisio), che ne approfittano con una doppietta del ficcante Galbusera. Si va all’ultimo riposo sul 6-5 Canottieri.

… Un attaccante ligure, dunque, era solo davanti alla porta.
Perché nell’ultimo quarto era accaduto poco, la zona giallorossa reggeva ed i liguri, con lo scorrere dei secondi, mostravano meno idee ed un certo impaccio. Ma ecco che d’improvviso tutto poteva rientrare, compiersi il fato dei dieci scudetti consecutivi e lo spavento per uno svantaggio anche di tre lunghezze sarebbe stato solo un brutto incubo.
Tre metri, due …
Davanti all’atleta biancoleste c’è Nando Lignano. In un baleno, al portiere napoletano passano per la mente Jobo Kurtini, il suo antico precettore così abile nell’impartire i fondamentali, Bubi Dennerlein, da cui aveva imparato a non aver paura di nessuno, Fritz, che gli aveva consegnato le chiavi della difesa, la proprietà di ragionare in ogni circostanza, specie sotto pressione.

L’estremo difensore prende posizione, fissa l’attaccante diritto negli occhi col suo sguardo penetrante, lascia che si avvicini, poi si concentra solo sulla sfera; immobile, non concede altri vantaggi. E’ un attimo: l’avversario si accorge di essersi ristretto gli angoli, esita dinanzi all’altrui compostezza, perde l’abbrivio, teme un recupero da dietro dei napoletani, nuotatori provetti, fa una finta e tira di potenza. Non basta: Nando ci arriva, intercettato la conclusione laddove aveva potuto indurla, nel canale sopra la propria testa; il pallone, deviato, tocca il palo ed è suo, è solamente suo. Il fronte si ribalta, ora il possesso è della Canottieri, che fa circolar palla con intelligenza fin quando Paolo De Crescenzo non colpisce, mortifero, a fil di palo sulla sinistra di Alberani. Finisce qui, sul 7-5 per i partenopei; il resto non conta più: nel concitato finale Lavoratori si fa espellere per proteste, Ghibellini con un pallonetto scheggia la traversa e Pizzo, rivolto ad un compagno, ammette: “Non c’è niente da far, son troppo forti questi qui”; poco importa che viene annullato un gol al nostro D’Urso. “La Canottieri superiore nel nuoto, superiore nella calma dei suoi giocatori, per giovani che siano, non ha sbagliato più nulla” (6).

Il tabellino della partita.
Pro Recco-Canottieri Napoli 5-7 (2-1, 1-3, 2-2, 0-1).
Recco: Alberani, Pizzo, Marchisio, Ghibellini, Galbusera, Lavoratori, Zecchin, Solimei.
Canottieri: Lignano, Forte, Parisio, Paolo De Crescenzo, Massimo De Crescenzo, D’Urso, Notarangelo, D’Angelo, Pirone.
Arbitro: Ferri di Civitavecchia.
Gol: Parisio 1’14; Lavoratori 1’39; Ghibellini 3’01; Parisio 8’17; Ghibellini 8’45; D’Angelo 11’31; Forte 13’17; D’Angelo 14’42; Forte 18’36; Galbusera 19’52; Galbusera 20’55; De Cresenzo P. 23’35.
Espulsioni. 1° tempo: De Crescenzo P., Lavoratori. 2° tempo: Marchisio, Notarangelo, Pizzo, Galbusera, Pizzo e Forte. 3° tempo: Forte, Notarangelo, Parisio, Notarangelo. 4° tempo: D’Angelo, Galbusera, Lavoratori.

“La partita del secolo”, questa la definizione de La Gazzetta dello Sport (7), è terminata. Aleggia una sensazione di incredulità: nel pubblico e tra gli stessi giocatori napoletani che comprenderanno l’accaduto molto più tardi, quando, arrivati a Napoli col treno, saranno accompagnati dai tifosi dalla Stazione di Mergellina al Molosiglio. Per ora non si raccapezza neppure la stampa specializzata, tanto che i maggiori quotidiani sportivi devono rinviare di un giorno le pagine di commento, già pronte per celebrare un diverso avvenimento. Il tributo della folla non si fa tuttavia attendere, come segnalerà Parisio: “Siamo stati applauditi, trattati nel migliore di modi. Il pubblico di Recco è stato veramente molto sportivo perché ci ha riconosciuto il merito di questa vittoria” (8). Qualcuno si affretta a telefonare alla sede della Canottieri: la linea è appena disponibile che risponde l’Avv. Vincenzo Stazio, allora Vice Presidente del C.C.N. e riconosciuto mentore del gruppo: appresa la notizia, soffoca un singulto di emozione, poi ai soci accorsi a centinaia proclama: “Vittoria, vittoria !”.
I giocatori giallorossi, ancora attoniti, rientrano nel grazioso alberghetto di Nervi, gestito dalla famiglia Cinquetti, con il Dirigente accompagnatore Franco Longo cui si aggrega Carlo De Gaudio, che, dismesse le vesti di Vice Presidente FIN, non vedeva l’ora di abbracciarli e gioire con loro. Lì sono raggiunti dai giornalisti, che, per primo, circondano Fritz: “I miei ragazzi hanno risposto in pieno all’impegno vincendo meritatamente. E’ un risultato storico, che segna una svolta nella pallanuoto italiana”. Soggiunge: “Nell’ultimo tempo ho rischiato l’infarto, mi è venuto di colpo un mal di testa atroce sul 6-5 con un minino vantaggio da difendere e senza che a noi potesse bastare il pareggio”. La forza della Canottieri ? “Ritengo sia nell’insieme della squadra, nel gioco collettivo. E’ una formazione tutt’altro che perfetta, può migliorare molto. Non ci siamo neppure allenati a dovere con la situazione delle piscine a Napoli … Abbiamo vinto bene, non vi è nulla da dire. Questa è stata la soddisfazione più grande”.
Intanto, la RAI, sul primo canale, trasmette in differita gli ultimi due tempi dell’incontro, in bianco e nero. Tra lazzi, risa e motteggi, il Capitano Gualtiero Parisio, “il quale non alzerebbe la voce nemmeno se lo scannassero”, mantiene la lucidità: “In cuor nostro sapevamo di poter tentare la grande impresa, ben sorretti da Fritz che ci ha caricati a dovere”; quindi ricorda: “Ero ragazzo quando ho vinto il primo scudetto, e sono dieci anni che aspettavo questo momento”. Corsi e ricorsi della storia: proprio il 4 agosto ’63 i giallorossi avevano interrotto i quattro scudetti del Recco, ora, impadronendosi di nuovo del tricolore, impedivano ai liguri un passaggio epocale. Enzo D’Angelo esce dalla cabina telefonica: “A Napoli stanno pazziando. Ci sono caroselli di auto per strada, sventolano bandiere … Alla Rari dicevano che ero finito ed ora farò la Coppa dei Campioni”. Gli fa eco Ciociò D’Urso: “Quando ho lasciato Sori, Piero Pizzo mi sconsigliò dicendo che con la Canottieri sarei arrivato al quarto posto. Scrivi, cronista, scrivi”.
Sull’altra sponda Antonio Ferro, Sindaco di Recco e Presidente della società rivierasca, che vantava la stella d’oro del CONI al merito sportivo, confessa: “Credevamo di farcela anche stavolta, eravamo sicuri anzi”. Alcuni adombrano le difficoltà di un ricambio generazionale che si fa attendere, domandandosi perché nella rosa compaiano solo tre recchesi. Non smentisce il suo cavalleresco fairplay Eraldo Pizzo: “Riconosco che la Canottieri ha vinto bene e meritatamente. E’ stata indubbiamente la migliore. A fine incontro sono stato il primo a complimentarmi con i napoletani”.

Cosa accadde dopo

Tra la Canottieri e lo scudetto rimane ancora un ostacolo da superare: per l’ultima di campionato approda a Napoli la temibile Florentia, quarta in classifica. Giovedì 9 agosto, ore 21,00, la piscina della Mostra è “gremita oltre ogni limite” (9); Fritz mantiene elevata la concentrazione dei suoi, che dominano già nel primo tempo (4-0), ed archivia la pratica assegnando alla grinta di Silvano Forte la marcatura di Gianni De Magistris, capocannoniere del torneo con 59 bersagli; il nostro si rivela “autentico uomo vincente della squadra napoletana”: non solo ammutolisce l’eminente fiorentino (per l’unica volta a secco nell’annata), ma segna anche quattro reti dell’8 a 2 conclusivo (Paolo e Massimo De Crescenzo firmano ciascuno una doppietta). L’epilogo è scontato: negli ultimi 15 secondi il pubblico scandisce in coro il nome di Fritz, che, alla sirena, viene trascinato in acqua, vestito, dai suoi atleti.
La Rosea titola: “Uno scudetto a Napoli e Piedigrotta esplode”; occhiello: “Notte di baldoria con mortaretti, bengala, auto impazzite”. L’atmosfera del momento trapela in alcuni brani dell’articolo: “I giocatori parlavano tutti di un sogno ad occhi aperti, di un’impresa alla quale nemmeno loro credevano, di una gioia che non riuscivano neanche ad esprimere … un corteo di centinaia di macchine a clacson schiacciati senza sosta ha scortato da Fuorigrotta per tutta via Caracciolo i giocatori alla sede della Canottieri al Molosiglio, nella quale campeggiava un gigantesco scudetto tricolore e dove si è subito dato fuoco alla miccia per la Santa Barbara paragonabile a quella della notte di S. Silvestro, mentre ululavano le sirene delle imbarcazioni agli ormeggi e centinaia di soci ed appassionati applaudivano i campioni, abbracciati ad uno ad uno dal Presidente Carlo Rolandi”.

L’eco dell’impresa fu immensa, così le conseguenze. La pagina sportiva de Il Mattino aprì a caratteri cubitali: “Napoli di nuovo Capitale della pallanuoto” (10); su Sport Sud si rilevò che “nei bar, nelle strade, sulle spiagge e in tutta la città la pallanuoto è divenuta nuovamente lo sport dei napoletani” (11). I componenti della formazione giallorossa ottennero la gratificazione di Socio Benemerito; sei di loro vennero subito convocati per il raduno della nazionale che seguì il Campionato, cominciando (o proseguendo) una brillante carriera in Azzurro.
L’anno seguente, in virtù anche del rilievo di quell’affermazione, il CONI conferì al C.C.N. l’ambita stella d’oro al merito sportivo. Né il successo del ’73 rimase un exploit isolato, perché su quel trionfo la Canottieri costruì, a sua volta, una notevole serie vincente che portò ulteriore notorietà al Circolo e lustro ad una città che, pure, non aveva una sola piscina coperta: negli anni settanta il C.C.N. rivinse lo scudetto tre volte nel ’75, ’77 e ’79; al vertice del ciclo, nel 1977, conquistò a Palermo la Coppa dei Campioni, divenendo la prima rappresentante di Napoli a salire sul tetto d’Europa.
Un decennio di gloria che fa ricordare, col debito rispetto, la definizione di Theodor Mommsen a proposito della Repubblica romana: il periodo della storia in cui accaddero cose straordinarie per mezzo di uomini ordinari 12. Come i cives romani erano “omnes reges” per la ‘ordinaria’ partecipazione collettiva agli ideali della Res Pubblica, i giocatori giallorossi, pur se nella loro ‘normalità’ somatica rendevano chili e centimetri ad antagonisti più alti e potenti, risaltavano per avere tutti un vincolante spirito di corpo, il piacere di giocare assieme, valori solidi e trascendenti, un intelletto integro; nella loro amicizia, nella maniera di intendere la disciplina sportiva si constatava la piena aderenza all’impostazione del Circolo Canottieri, l’abituale, quotidiano ossequio ai suoi principi. Per la priorità concessa agli impegni extra-agonistici, i nostri sapevano trarre dalle vicende sportive, positive o negative, utili ammaestramenti da proporre in altri campi dell’esistenza, grazie ad un Maestro, Fritz, che aveva indicato la straordinarietà dell’ordinario o, forse, aveva reso ordinario ciò che era straordinario. Anche in questo caso dipende dai punti di vista.

Dramatis personae
Degno è che, dov’è l’uno, l’altro s’induca; sì che, com’elli ad una militaro, così la gloria loro insieme luca (Par, XII, 34-6)

PRO RECCO:

Alberto Alberani (Firenze, 22.5.1947). Portiere favoloso, denominato “Albatros” per l’apertura alare più che proporzionale ai suoi 193cm di altezza; talento superiore e signorilità di pari livello. Vinse 14 scudetti, 1 Coppa Campioni. Vanta 211 presenze in Nazionale, con cui ha disputato 4 Olimpiadi: fu argento ai Giochi di Montreal ’76, conquistò 1 oro e 1 argento in 3 Mondiali, 3 argenti Giochi del Mediterraneo. Medaglia d’oro al valore atletico. Ingegnere.

Eraldo Pizzo (Genova, 21.4.1938). Detto “Il caimano”. Vinse 16 scudetti, 15 col Recco ed 1 a Bogliasco, 1 Coppa Campioni; si ritirò nell’82 a 44 anni. Ha disputato 4 Olimpiadi vincendo l’oro a Roma ’60; poc’anzi, aveva nuotato in 58”3 i 100 stile (cronometrati da Zolyomy), aggiudicandosi il premio messo in palio dal Comune di Genova per il nuotatore ligure capace per primo di scendere sotto il muro del minuto sulla distanza. 178 presenze in Nazionale con cui prese anche 1 oro e 1 argento ai Giochi del Mediterraneo. E’ stato Presidente della Pro Recco, di cui è Vice Presidente. La parola a Fritz: “Lo considero uno dei più grandi giocatori di pallanuoto che siano mai esistiti”. Di sicuro è stato il miglior pallanuotista italiano di sempre. Medaglia d’oro al valore atletico.

Enrico Marchisio. Difensore mordace ed attento con tecnica e stile nel palleggio, allievo prediletto e successore di un'altra mitica figura della pallanuoto recchese, Mario Cevasco; vinse col Recco 7 scudetti e 1 Coppa Campioni. Azzurro, partecipò ad un Europeo ed ottenne l’argento ai Giochi del Mediterraneo. Recchese, è Direttore Generale della società rivierasca.

Alessandro “Sandro” Ghibellini (Genova, 15.10.1947). Campione a tutto tondo, finì quell’anno con 46 gol, top scorer dei liguri. Vinse 10 scudetti ed 1 Coppa Italia, partecipò a 3 Olimpiadi acciuffando l’argento a Montreal ’76; si è cinto di 1 oro ai Mondiali, 1 argento ai Giochi del Mediterraneo; è stato bronzo agli Italiani di nuoto nei 100 dorso. Medaglia d’oro al valore atletico. Affermato Avvocato lavorista, sulle orme del padre.

Paolo Galbusera. Arrivato alla Pro Recco nel ’69, vinse 5 scudetti. Nazionale italiano. Incostante ma pungente realizzatore dotato di tiro secco e fisico compatto.

Franco Lavoratori (Recco, 15.3.1941 – Genova, 3.5.2006). Centroboa imponente, dalla potenza devastante, 5 volte capocannoniere del campionato; faceva già parte della formazione biancoceleste che afferrò il primigenio scudetto del ’59, sommandovi altri 12 titoli italiani e 1 Coppa Campioni; conta 140 presenze in Nazionale con cui ha partecipato a 4 Olimpiadi, agguantando l’oro a Roma ’60; guadagnò anche 1 oro ed 1 argento ai Giochi del Mediterraneo. Medaglia d’oro al valore atletico. Era l’uomo dei gol impossibili ed, allo stesso tempo, il compagno di memorabili battute di pesca nella sua Recco.

Paolo Zecchin. Attaccante muscoloso ed istintivo, prelevato nel ’68 dall’Andrea Doria col portiere Alberani; vinse 6 scudetti.

Edilio Solimei. Proveniente dal settore giovanile recchese, conquistò anche lui 6 scudetti. Medico odontoiatra.

Non vennero impiegati Stefano Lagostena, Sandro Cattino, Goffredo Ghezzi.
Allenatore-giocatore era Eraldo Pizzo.

CIRCOLO CANOTTIERI NAPOLI:

Ferdinando “Nando” Lignano (Napoli, 3.8.1948). Vinse 1 scudetto (‘73), 1 titolo italiano indoor (‘65), 1 Coppa Italia (‘70). Con la Nazionale disputò 1 Olimpiade (‘72), la Coppa Hungaria (‘69), gli Europei ’70, le Universiadi ’74 (bronzo). Nel ’79 dovette sostituire Fritz (corso in America per assistere la figlia) alla guida della squadra portandola allo scudetto. Laureato in giurisprudenza, Dirigente di Banca, latinista, studioso della storia di Roma. Nelle interviste del post-partita, l’altro portiere, Scotti Galletta, già spesso impiegato da Fritz, volle precisare: “Nando è stato assolutamente il migliore in campo” (13). Alla Scandone, durante la partita con la Florentia, apparve uno striscione che recitava: “Lignano come Zoff”.

Silvano Forte (Portici, 4.5.1948). Vinse 2 scudetti (’73, ‘75), 1 titolo italiano indoor (‘65), 1 Coppa Italia (‘70). Nazionale italiano, disputò gli Europei ‘74. Mentre giocava, si laureò in tre anni ed una sessione in scienze agrarie e diventò Dirigente del Banco di Napoli. Spirito guerriero, solido, rigoroso, affidabile come atleta e come persona; piuttosto, non ci si aspettava che avrebbe scritto poesie, stupende, da cui fuoriesce la sua vibratile sensibilità.

Gualtiero Parisio (Napoli, 7.1.1946). Detto “Il marchese”. Ha nel palmares 3 scudetti (’63, ’73, ‘75), 1 titolo italiano indoor (‘65), 1 Coppa Italia (‘70), ed anche 1 oro e 2 bronzi agli Assoluti di nuoto. Nazionale italiano. Ingegnere. Capitano all’epoca dei fatti, era l’unico superstite della formazione tricolore del ’63; al termine della partita, Pizzo si diresse verso di lui per stringergli la mano. Giocatore di rara intelligenza e finezza, capace delle più immediate, fulminee intuizioni, decisivo in ogni dove. Gentiluomo di foggia britannica, garbato e riflessivo, è stato nostro Vice-Presidente sportivo.

Paolo De Crescenzo (Napoli, 1.1.1950). Vinse la Coppa Campioni (‘77), 4 scudetti (’73, ’75, ’77, ‘79), 1 Coppa Italia (‘70). Azzurro, vanta anche 1 argento agli Assoluti di nuoto e si aggiudicò i Societari con la squadra del C.C.N. (‘71). Allenatore della Nazionale di pallanuoto nel 2003-05 dopo aver guidato il Posillipo a 9 scudetti, 2 Coppe dei Campioni, 2 Coppe delle Coppe, 2 Coppe Italia. Tecnico napoletano dell’anno nel 2001, ‘02, ’03. Stella d’argento al merito sportivo. Commercialista. Era il regista della formazione, la sublime mente regolatrice di spaziature ed equilibri, impostazioni tattiche ed applicazioni organizzative. Considerato il Cartesio della moderna pallanuoto italiana, di cui è una delle massime autorità.

Massimo De Crescenzo (Napoli, 19.10.1951). Detto “Il barone”. Vinse la Coppa Campioni (‘77), 4 scudetti (’73, ’75, ’77, ‘79). Nazionale italiano. Agli Assoluti di nuoto ha inanellato 1 oro, 2 argenti, 3 bronzi. Era il killer silenzioso per l’attitudine a centrare d’improvviso gol importanti, quasi senza dare nell’occhio, grazie a conclusioni di estrema precisione con cui disegnava parabole e traiettorie che terminavano in angoli improbabili. Una vena artistica che esprime oggi da apprezzato pittore.

Renato “René” Notarangelo (Napoli, 8.5.1951). Vinse la Coppa Campioni (‘77), 4 scudetti (’73, ’75, ’77, ‘79). Nazionale italiano. Dottore in giurisprudenza, è Dirigente presso l’Autorità Portuale di Napoli ed è stato nostro Consigliere al nuoto. Nonostante il sorriso scanzonato e l’aria da ragazzino estroverso, era pugnace, intenso, deciso e non l’ha mai mandata a dire. Aveva un forte senso del gruppo e dava il massimo in ogni circostanza, caratteristiche che non devono far dimenticare lo spettro di soluzioni offensive, le qualità di attaccante completo che dava del tu al pallone. Andò a segno 25 volte nel campionato ‘73.

Vincenzo “Enzo” D’Angelo (Bacoli, 22.1.1951 – Parigi, 7.2.2008). Vinse la Coppa Campioni (‘77), 4 scudetti (’73, ’75, ’77, ‘79). Partecipò con la Nazionale a 3 Olimpiadi conquistando l’argento nel ‘76; bronzo ai Mondiali ‘75, argento ai Giochi del Mediterraneo ‘79; disputò anche i Mondiali ’73. Capo allenatore di pallanuoto, inventò la “zona M” guidando la Canottieri allo scudetto del 1990, alla finale di Coppa Campioni. Medaglia di argento al valore atletico (‘75). Lavorava al Banco di Napoli. Nel Campionato ‘73 era stato appena prelevato dai dirimpettai dalla Rari Nantes, ripudiato per l’attitudine ad ingrassare; fu la più incredibile mossa di mercato della nostra pallanuoto: Fritz lo fece scendere a 90 chili e, con 29 reti, fu il nostro miglior marcatore della stagione. Fuori dall’acqua era “Il gigante gentile”, buono e disponibile, nella pugna un centroboa di classe superiore, immarcabile, dotato di ogni numero, capace di far gol in mille maniere. Segnò tre reti, tra cui quella decisiva nella finale di Coppa Campioni.

Giovanni “Ciociò” D’Urso (1946 - 2003). Vinse 2 scudetti (’73, ‘75), 1 titolo italiano indoor (‘65); Convocato in Nazionale, in una trasferta conobbe Annette che sposò e rimase la compagna della sua vita. L’analisi che diede della gara di Punta Sant’Anna potrebbe attagliarsi alla sua carriera: “Abbiamo costruito il trionfo di Recco durante tutto l’arco del Campionato, migliorando il nostro gioco partita dopo partita” 13. E’ stato il primo a lasciarci, colpito dal male del secolo.

Marco Pirone (Napoli, 1.4.1955). Vinse la Coppa Campioni (‘77) e 3 scudetti (’73, ’75, ‘77). Con la Nazionale fu bronzo agli Europei ’77. Conquistò 3 bronzi agli Italiani di nuoto. Notaio. Famoso per lo scatto fulminante (57” sui 100 sl quando agli Assoluti si saliva sul podio con 56”), era veloce e potente; avessero introdotto con un po’ di anticipo i 50 stile agli Assoluti 14, avrebbe fatto incetta di medaglie. Un asso in acqua per vigore e rapidità d’azione e di pensiero, amabile e coinvolgente fuori per verve e cultura.

Non vennero impiegati Mario Scotti Galletta e Guido Criscuolo, artefici a loro volta dei successi giallorossi del domani.

Sull’allenatore, Federico “Fritz” Dennerlein (Portici, 14.3.1936 – Napoli, 3.10.1992), non potremmo aggiungere alcunché a quanto già altrove illustrato. Nessuno ha impersonato nuoto e pallanuoto italiane come lui, artista tra le corsie in gioventù, Maestro inarrivabile, quindi, di entrambe le discipline. Si tramanda che quella sera “L’unico ad essere convinto della vittoria era Fritz Dennerlein, anche se lo nascondeva sotto la consueta tranquilla maschera di buon senso e di prudenza unita anche ad un pizzico di scaramanzia tutta partenopea” 15. Fa piacere ricordare che quando Fritz venne nominato capo allenatore della Nazionale, volle al suo fianco, da assistente, Eraldo Pizzo.

Ancora oggi sussiste una profonda amicizia tra i giocatori delle due squadre, cementata dalla lealtà, dal reciproco rispetto, dalla capacità di riconoscere gli altrui meriti. Era probabilmente l’ultima generazione di idealisti, di cittadini-guerrieri della propria polis, per i quali esisteva una sola bandiera e concepivano lo sport come metafora della vita, non come la vita stessa. L’Avv. Stazio, vinto il titolo, rassicurò: “Né superpremi né premi. I nostri atleti sono dei dilettanti, anzi degli appassionati. Certo, un regalino adesso dovremo pur farlo a questi ragazzi. Sentiremo i loro desideri. Notarangelo, ad esempio, prima di partire mi aveva chiesto un paio di scarpette sportive nuove; le vecchie gliele hanno rubate la scorsa settimana” (13). Oltre e disopra le avventure acquatiche, quei giovani avevano in mente lo studio, i libri, un futuro probabilmente sganciato dalle piscine; possedevano un solo paio di scarpe da ginnastica e bastava per essere felici.
La costante dialettica tra Recco e Canottieri rilanciò l’interesse per il Campionato, sviluppò una virile competizione che, destando in entrambe la propensione a concepire ambiziosi traguardi, favorì l’evoluzione tecnica ed il progresso del gioco; anche le sconfitte arricchirono positivamente il patrimonio di esperienze personali dei protagonisti e ne ispessirono la personalità. Trascorsi ormai quaranta anni, la distanza dagli avvenimenti può far concludere che in quelle sfide non ci furono vincitori e vinti, ma illustri campioni e due magnifiche società che suscitarono il più bel tempo della pallanuoto italiana.

NOTE
1 L’ultima sconfitta del Recco risaliva all’8 agosto ‘64 per mano della Rari Nantes alla Scandone: 4-3 il risultato finale.
2 Da La Gazzetta dello Sport del 2 luglio 1973.
3 Dal Corriere dello Sport del 4 agosto 1973.
4 Poche le possibilità concesse in sede di pronostico alla squadra napoletana: “Per la Canottieri è importante soprattutto fare bella figura, disputare, anche in caso di sconfitta, una gara che le permetta di uscire a testa alta” (dal Corriere dello Sport del 4 agosto 1973).
5 La mossa non era affatto scontata come si può supporre; si legga, ad esempio, quanto scrisse un giornalista preparato come Mario Arceri sul Corriere dello Sport del 4 agosto ’73 per l’anteprima della gara: “Fritz difficilmente farà leva questa volta sulla zona difensiva che ha caratterizzato in questa stagione il tipo di gioco della squadra partenopea. Contro tiratori di grande valore quali quelli della Pro Recco lasciare spazi equivale ad un suicidio”.
6 Da La Gazzetta dello Sport del 5 agosto 1973.
7 Da La Gazzetta dello Sport del 7 agosto 1973.
8 Le interviste di questo paragrafo sono tratte da: La Gazzetta dello Sport del 6 agosto 1973, Corriere dello Sport del 6 agosto 1973, Il Mattino del 5 agosto 1973. I commenti dei Recchesi, nell’ultimo capoverso, da La Gazzetta dello Sport del 7 agosto 1973.
9 Tutte le parti di questo paragrafo riportate tra virgolette sono prese da La Gazzetta dello Sport del 10 agosto 1973,
10 Da Il Mattino del 6 agosto 1973.
11 Da un articolo di Gegé Maisto apparso su Sport Sud il 7 agosto 1973.
12 Naturalmente lo storico tedesco, che colse nel sistema istituzionale e giuridico la chiave interpretativa per spiegare la storia romana, intendeva il termine ‘ordinario’ nella sua accezione positiva, sottolineando l’importanza della normale condivisione dell’idea di Res Pubblica. La stessa espressione venne ripresa per il Galles di Barry John, Gareth Edwards e JPR Williams che proprio in quegli anni dominava il rugby mondiale pur inferiore per mezzi fisico-atletici agli avversari.
13 Da Il Mattino del 5 agosto 1973.
14 I 50 stile libero furono compresi nel programma dei Campionati Italiani a partire dal 1981.
15 Dal Corriere dello Sport del 6 agosto 1973. Al contrario, il C.T. della Nazionale Gianni Lonzi, ex recchese (2 scudetti), dichiarò: “Non mi aspettavo che la Pro Recco perdesse, ma per come sono andate le cose si è trattato di una sconfitta inevitabile” (ibidem).


A cura di Gian Nicola De Simone


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